Non scrivo sul blog dal 29 marzo 2016. Da ben 6 anni, un tempo infinito. Inizialmente pensavo di abbandonarlo del tutto, poi mi son detto che non avrebbe avuto senso: come su un diario privato, possono esserci periodi più o meno lunghi in cui non si scrive, per poi riprendere in maniera inaspettata ma non meno intensa. E vale la pena ricominciare a scrivere, perché è un modo per mettere a fuoco i propri pensieri; farlo su un blog, potenzialmente letto da chiunque, costringe ad essere ordinati e l’ordine aiuta a fare chiarezza.
Dunque, welcome back a me stesso nel mio blog.
Cosa è successo in questi sei anni? Una marea di cose, più o meno importanti, più o meno grandi. Tutte, direi, offuscate dal macigno della pandemia e dalla prospettiva attuale di una guerra europea. Due eventi che avrei ritenuto assolutamente impossibili. È evidente che non c’è nulla di impossibile, specie quando c’è da peggiorare.
In un certo senso, ho anche cambiato tipo di lavoro: sono sempre nella stessa azienda, che nel frattempo è cresciuta tanto, trasformando alcune dinamiche. Al punto che è difficile dire “non ho cambiato lavoro”: il lavoro è cambiato, sono cambiato io, tante cose sono nuove, tante sfide sono nuove. Continuità e novità coesistono.
Più di sei anni fa, però, mi manca la mia terra e i miei affetti (familiari e non) che ho lasciato là. Se la vita vorrà concedermi di invecchiare come i miei nonni, non credo che vorrò farlo a Roma: tornerò sull’Isola da cui sono partito 16 anni fa e mi godrò gli acciacchi tra la polvere del mio paese. Sperando di non dover riattraversare il mare per farmi curare qui.
Per ora, avanti tutta: c’è tantissimo da fare e il tempo è poco.